Il tema della vaccinazione, sia in medicina veterinaria che in quella umana, è di estrema attualità. Nascono continuamente correnti di pensiero favorevoli e contrarie a queste pratiche mediche, molte delle quali, devo dire frequentando social network, del tutto fantasiose. La medicina oggi si basa sull’evidenza, ciò significa che le decisioni cliniche vengono prese sulla base di ricerche avanzate in ciascun settore e dei risultati statistici che ne derivano, cercando quindi di rendere gli approcci medici il più oggettivi possibile.
Debellate malattie come la rabbia
Di fatto la pratica vaccinale è un evento estremamente importante. Grazie ad un’adeguata immunità di popolazione nei nostri animali si è riusciti, per esempio, a debellare dal nostro territorio malattie infettive come la rabbia, mortale anche per l’uomo. Il fine di una corretta campagna vaccinale non è, quindi, solo quello di proteggere l’individuo ma anche di ridurre la prevalenza di una malattia. In questo modo si riesce a proteggere anche i soggetti più deboli, gli immunodepressi, che purtroppo non sono idonei a sostenere un’adeguata profilassi vaccinale.
Troppo pochi gli animali vaccinati
Per ottenere una buona immunità si stima che almeno il 75% della popolazione dovrebbe essere vaccinata contro una determinata malattia infettiva, invece, per ciò che riguarda la medicina veterinaria, anche nei Paesi sviluppati si stima che solo il 30 – 50% della popolazione degli animali da compagnia sia vaccinato, valore che scende notevolmente nei paesi in via di sviluppo.
La spinta verso una corretta diffusione della pratica vaccinale dovrebbe, tuttavia, mirare alla riduzione del “carico vaccinale” nei singoli animali per minimizzare la possibile insorgenza di reazioni avverse e per ridurre tempi e costi dietro a pratiche superflue.
Le linee guida nei diversi Paesi
Il gruppo di studio della WSAVA (World Small Animal Veterinari Association) che si occupa di malattie infettive del cane e del gatto si adopera, dal 2006, per individuare linee guida mondiali di vaccinazione degli animali da compagnia che tengano conto delle differenze internazionali, non solo per ciò che riguarda la diffusione delle malattie infettive ma anche per ciò che riguarda le diverse realtà economiche e sociali. Tali linee guida sono andate modificandosi nel tempo fino all’ultima versione del 2016. È poi compito delle associazioni nazionali, o dei singoli liberi professionisti, adattare queste linee guida alla propria realtà.
Regole da stabilire caso per caso
Fino a poco tempo fa, per esempio, nella pratica veterinaria si ricorreva a vaccinazioni annuali accompagnate da un’attenta visita medica che consentiva al veterinario di individuare la presenza di malattie in atto e informare i proprietari riguardo vari aspetti relativi alla salute dei loro animali.
Le nuove linee guida puntano a ribadire l’importanza di questo appuntamento annuale, togliendo, però, alla vaccinazione il ruolo di primo piano. Durante tali visite di controllo dovrebbero essere i veterinari a stabilire caso per caso la necessità o meno delle vaccinazioni per quel particolare anno, in base allo stile di vita dell’animale in questione o ai risultati dei test sierologici per le diverse malattie infettive e soprattutto tenendo conto di quanto suggerito dall’evidenza scientifica più attuale.
Serve un nuovo approccio
L’approccio alla vaccinazione, quindi, deve cambiare da un lato aumentando il numero dei soggetti vaccinati al fine di stabilire un’adeguata immunità di popolazione, dall’altro riducendo la frequenza degli interventi vaccinali sui singoli individui, secondo gli intervalli stabiliti dalle nuove linee guida e alla situazione epidemiologica della zona in cui vive un determinato soggetto.
Sarà dovere del medico veterinario di fiducia di studiare l’approccio vaccinale idoneo per ciascun paziente e di valutare, durante ciascuna visita annuale, la necessità di intervenire o meno con uno specifico vaccino.