Riceviamo questa lettera di Eriberto Melloni in merito all’editoriale di Maurizio Ferrari dal titolo “Contro lo spopolamento un ‘Piano Marshall’ per la montagna” a conferma che quello scritto, dopo numerosi commenti su facebook, continua a far discutere. Questo intervento ed eventuali altri prossimi, così come i numerosi post nei social, non mancheranno di stimolare una nuova riflessione di Ferrari. Per parte mia mi limito a confermare la necessità di interventi straordinari, e sono in questo d’accordo con l’amico Melloni, anche se non vorrei che l’eventuale rilancio della montagna dipendesse tutto e soltanto dall’ente pubblico. Quando al titolo, il “Piano Marshall” era solo un richiamo simbolico, stava cioè a significare solo la necessità ineludibile di uno straordinario intervento a fronte di una situazione eccezionale. E comunque, se le mie reminiscenze universitarie non mi tradiscono, il “Piano Mashall” fu proposto a tutti i Pesi europei, Urss inclusa, che lo rifiutò (e costrinse altri a farlo). Non mi dispiacerei molto, invece, del fatto che i suoi effetti furono anche quelli di “condizionare” l’Italia e tenerla ancorata al blocco Occidentale. La storia credo ci abbia insegnato che fare quella scelta di campo fu la cosa giusta.
“Condivido le considerazioni di Maurizio Ferrari che partono dal fattore demografico per parlare della situazione critica della montagna. Spesso si discutono e progettano le molte iniziative di valorizzazione di questo territorio, come se i paesi e i borghi fossero destinati a rimanere come sono o come erano qualche decennio fa. Quando invece siamo in molti casi di fronte a comunità in cui manca semplicemente la possibilità biologica di riproduzione della popolazione esistente.
In assenza di forti trasformazioni, che rendano ‘economico’ l’insediamento nei bei paesi della nostra montagna di nuove persone e nuovi soggetti, essi perderanno definitivamente in pochi decenni o addirittura anni, la caratteristica di nuclei umani istituzionalmente organizzati. Di queste trasformazioni, l’attivatore fondamentale non può che essere il pianificatore territoriale, cioè l’ente pubblico, nelle varie articolazioni e competenze.
Se l’idea un ‘Piano Marshall’ per la montagna lascia dubbi sulla definizione – quel piano del secondo dopoguerra, pur decisivo per la rinascita del Paese, fu adottato anche per ragioni geopolitiche e per sostenere gli altissimi livelli raggiunti dall’economia americana con le produzioni belliche delle industrie statunitensi- la sollecitazione di Maurizio Ferrari chiede un progetto di tipo straordinario che, insieme a una politica fiscale di premio a chi presidia con la propria residenza la montagna o vi realizza funzioni produttive, contenga investimenti ‘keynesiani’ per opere pubbliche di tutela fisica e logistica della montagna: investimenti che restituirebbero il valore impiegato con i risparmi di indennizzi e ripristini per i dissesti su terreni, boschi, alvei abbandonati e con gli effetti economici, sociali e anche insediativi, dell’occupazione indotta.
Mi sembra che all’appello di Ferrari possano anche essere ricondotte alcune delle iniziative in fase di sviluppo come le Associazioni AVAMP nata nel territorio di Piteglio, Social Valley come proiezione della vocazione di Dynamo Camp, e l’Associane Transappeninica appena costituita per gestire i progetti di valorizzazione turistica riferiti alla salvaguardia e al futuro della storica ferrovia Porrettana.
Son segnali preziosi di risveglio che esprimono un insieme straordinario di risorse di cultura del territorio ed esperienze, che messe organicamente in rete, potrebbero produrre la “svolta” di cui la montagna ha bisogno urgente”.
Eriberto Melloni ( Legambiente Pistoia)