Parco Letterario Policarpo Petrocchi, Personaggi e Interpreti, Sambuca  |  luglio 20, 2021

Il Parco Petrocchi “in trasferta” a Sambuca per celebrare Michele Barbi

Sabato 17 luglio la giornata di studi "Fra Dante e il paese natale" con gli interventi di esperti della materia per gli 80 anni dalla morte del grande filologo dantesco. Da casa sua casa passarono Salvemini e Gentile oltre a tutti i più importanti filologi italiani del primo Novecento. Le tante assonanze fra Petrocchi e Barbi: entrambi venivano da famiglie umili montanine, avevano una grande volontà di affermarsi nello studio ed erano dotati di un carattere forte

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SAMBUCA – Chi visita la casa natale di Michele Barbi, nato a Taviano nel 1867 e morto a Firenze nel 1941, non può che meravigliarsi del fatto che una abitazione così austera, semplice, montanina, sia stata uno dei crocevia culturali più importanti del primo Novecento italiano. Questo, fra l’altro, è emerso dal convegno organizzato dal Parco letterario Policarpo Petrocchi sul tema Tra Dante e il paese natale. Michele Barbi, nell’80° dalla scomparsa.

Il programma del convegno

Sabato 17 luglio alle ore 10,15 all’interno della Chiesa parrocchiale di San Jacopo a Sambuca Castello hanno preso la parola, dopo il saluto del sindaco, Fabio Micheletti, i professori Gabriella Albanese Università di Pisa, che ha relazionato su Michele Barbi e la Società dantesca italiana; Giampaolo Francesconi (Medievista pistoiese) sul tema “Un lungo faccia a faccia. Barbi e la Vita di Dante. Una rilettura”; Paolo Pontari (Università di Pisa), “Il filologo della montagna. Il dolce eremo di Taviano, la carriera e gli amici di Michele Barbi” e, infine Giampaolo Borghi, etnografo emiliano, su “Michele Barbi e i suoi studi sul canto popolare nell’Appennino pistoiese e tosco-emiliano”.

 

Il moderatore del convegno è stato il sambucano Maurizio Ferrari, che ha parlato, fra l’altro dell’importanza dei Parchi letterari, come strumento di promozione territoriale. L’evento si è concluso con i ringraziamenti di Emanuela e Michele Barbi, pronipoti dello studioso, che hanno condotto a Sambuca Castello una folta delegazione familiare

Un gigante della filologia italiana e innamorato della Montagna

Già poco più che ventenne Michele Barbi si era messo in luce come studioso di Dante e lo stesso Carducci volle raccomandarlo al panorama culturale italiano come una delle intelligenze più vive. Divenne professore universitario di Letteratura italiana prima a Messina e poi a Firenze e si distinse per impegno instancabile negli studi danteschi e per l’onestà intellettuale che aveva ereditato dalla sua terra di origine. A Dante dedicò tutta la sua vita fondando, tra l’altro il periodico Studi danteschi e dirigendo l’Edizione nazionale delle opere di Dante; inoltre fu accademico della Crusca e dei Lincei e venne eletto Senatore del Regno nel 1939.

L’attaccamento al suo paese fu un’altra costante dell’opera dell’illustre filologo e proprio dai suoi monti partì la “Raccolta di canti popolari italiani” che attualmente giace presso la Scuola Normale Superiore di Pisa insieme a tutte le opere e i carteggi.

Ciò che invece è meno conosciuta è la liberalità del Barbi, sia nei confronti dei giovani studiosi, dei quali coltivava e sosteneva, anche economicamente, il merito sia verso i più bisognosi, specialmente in tempo di guerra, con donazioni private e raccolte fondi.

Il “Dolce eremo” di Taviano

Nella sua casa di Taviano trascorreva i momenti più sereni, tra studi, passeggiate e frequentissimi carteggi con il gotha della cultura italiana, che invitava spesso nella sua modesta abitazione comunicando precisi itinerari di viaggio, con orari dei treni e dei vetturini e indicando alloggi e piccole pensioncine a conduzione familiare.

Da Taviano Vecchio sono passati, tra l’altro, Salvemini, Gentile nonché tutti i più importanti filologi italiani del primo Novecento e lì, tra i castagni e l’acqua della Limentra trascorrevano giornate a parlare di cultura e di letteratura, confrontando pensieri e opinioni. Lui, da padrone di casa, mostrava loro quel piccolo paradiso e li conduceva per stradette e viottoli della sua montagna di cui era particolarmente orgoglioso.

Attaccamento alle proprie radici, proprio come Policarpo Petrocchi

Ciò che ha sempre contraddistinto Michele Barbi è stato dunque l’attaccamento alle proprie radici, lo stesso spirito che ha contraddistinto Policarpo Petrocchi nei confronti di Castello di Cireglio.

Non a caso tra i due intellettuali c’è una certa assonanza di indole e di intenti; entrambi venivano da famiglie umili montanine, avevano una pervicace volontà di affermarsi negli studi letterari e filologici, a cui hanno dedicato tutta la vita, ed erano dotati di un carattere forte, a tratti spigoloso, ma sempre guidato da doti morali ineccepibili e da una rettitudine ed una coerenza encomiabili.

E’ per questo che il Parco letterario Policarpo Petrocchi ha deciso di dedicare allo studioso tavianese il primo evento che si è tenuto al di fuori di Castello di Cireglio, anche per dimostrare che lo spirito con cui è nato lo strumento del Parco è inclusivo di tante altre figure di intellettuali a cui la nostra bella Montagna ha dato i natali.

Alcune immagini della manifestazione

 

  

  

 

Foto di Maurizio Pini


La Redazione

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