Canicola: perché il caldo torrido si chiama così

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Per capire l'origine della parola bisogna tornare indietro a Egizi, Babilonesi, Greci e Romani e ai segni del cielo. Sirio, la stella più luminosa del “Cane” maggiore (in latino canis), sorgeva nel periodo più caldo dell'anno. Da lì “canicula”, ovvero “figlia” del Cane, cagnolina. Che in questi giorni "morde" di brutto

Da alido a seccume, tanti modi di chiamare la siccità

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Il primo deriva dal latino aridus (arido) ed è incrociata con gelidus. Secco proviene da siticus (asciutto) e da sitis (sete). In montagna meno usata la parola afa, dall'origine incerta. Carestie e mancanza di piogge, così come gelate e inondazioni, ci sono sempre state anche in passato


Il Sindaco, un “patrocinatore” dei diritti di tutti

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L'origine latina della parola è primus inter pares , cioè il primo fra gli uguali. La derivazione greca di syndicus, rappresentante e difensore della comunità, e syndikos, sorta di pubblico ufficiale incaricato di rivedere i conti, di giudicare i beni confiscati ai cittadini e di perorare o affossare leggi, nella logica dell'interesse collettivo

Anche la lingua segue i tempi. E prende brutte abitudini

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Abbondano le frasi fatte, i non sensi e gli strafalcioni che nulla hanno a che fare con la rigorosa architettura della lingua italiana. Ormai finito nel cassetto il congiuntivo. In voga espressioni di moda che nulla aggiungono al significato della frase. Alcuni esempi? “Al netto di”, “quant'altro”, “assolutamente sì”

E' tempo di lavorar la terra: arare, solco, iova…

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Cambiano i mezzi restano uguali i modi di dire. L'origine molto antica di arare e le derivazioni aratro, aratura e altre. Il solco deriva dal greco e ci riporta ai tempi in cui si usavano gli animali. La iova è in origine una zolla di terra erbosa. Un'espressione che si ritrova anche nel corso e nei dialetti versiliesi-apuani

L'origine dei “cenci”, dolci fatti con gli scarti di pasta

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Diverse le interpretazioni sul nome di questo prodotto tipico del periodo di Carnevale. Dal latino “cincius” ma anche il senso antico di cencio come “uomo dappoco”, quindi cosa vile. Nei territori a influenza bolognese si usano i termini “frappe”, “sfrappe” o “sfrappole” e l'origine è quella francese di “frape”, ovvero frangia