La ricerca  |  gennaio 5, 2020

Appennino, la biodiversità animale e vegetale in quattro anni di “osservazione”

Un angolo della nostra montagna descritto da un'appassionata ricercatrice dilettante. Dal 2015 ad oggi tante specie di animali “osservate”: cervi e cinghiali, volpi e cornacchie, roditori e rapaci. I comportamenti del lupo alle diverse altitudini. I perché della sua possibile vicinanza all'abitato. Gli effetti devastanti della tempesta di vento di 5 anni fa

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Il via alla ricerca nel 2015

Ho iniziato la mia ricerca da curiosa appassionata, alla fine dell’anno 2015, dopo aver soccorso e recuperato un cucciolo di lupo femmina, ferita da arma da fuoco a Santomato, nel Comune di Montale, in provincia di Pistoia. Da quel momento la mia passione ha preso forma e mi ha portata sulle tracce del branco di quel lupo, cercando spiegazioni a quello “strano” fenomeno dei lupi vicino alle case. In quel caso ho poi capito che anche gli adulti scendevano la sera per non abbandonare la loro piccola che si era stabilita sui 300-400 metri di altitudine e all’imbrunire aveva trovato riparo e ristoro in un vecchio casolare abbandonato, dove una coppia di anziani portava cibo ad una colonia felina lasciata alla ormai abbandonata casa di campagna. Una volta portata via la lupetta ferita, i genitori sono tornati a cercarla un paio di volte e poi sono risaliti nelle loro zone, lontane dagli uomini e dalle case, mentre i fratellini malati di rogna ogni tanto scendevano a cercare cibo. Ce n’era uno in particolare che tornava più spesso ma, una volta cresciuti e guariti, vicino alle case non si sono più visti nemmeno loro.

  

Il territorio base dello studio

Da gennaio 2016 ho iniziato ad inoltrarmi nel bosco per seguirne le tracce e capire dove erano finiti, spingendomi sul crinale sopra la Felciana. Il territorio oggetto del mio “studio,” se così lo vogliamo definire, è un’area “libera” che va dai 300 agli 800 metri di altitudine e si estende dal Comune di Montale a quello di Pistoia, una porzione del territorio di quel branco. Ho avuto il privilegio di poter osservare con occhi carichi di entusiasmo e stupore la varietà di specie che ospita questa sezione di Appennino e di apprezzarne il valore in termini di biodiversità.

Cervi e cinghiali sui 300 metri

Sui 300 metri, dove gli oliveti fanno da padroni, fitta è la presenza di cervi e cinghiali. L’alta densità di questi ultimi, si è concentrata ultimamente anche nelle zone abitate ai piedi dell’Appennino e anche nelle pianure circostanti, dando origine a problematiche di vario genere, fra cui il danneggiamento di serre nella zona di Santomato e vivai a Chiesina Montalese. A questo proposito si è verificato un caso poco piacevole di attacco da parte di una scrofa con piccoli nei confronti di un cane padronale, sotto gli occhi attoniti del proprietario con conseguente frustrazione da parte dello stesso, che si è visto uccidere il cane senza poter far niente.

Volpi e cornacchie

Sempre in zona collinare, ci sono inoltre volpi e cornacchie in numero consistente, molto rara invece è la presenza della tortora selvatica, che ho visto solo una volta “Streptopelia turtur” (da non confondere con la tortora dal collare). La sorpresa è stata invece notare una bella orchidea selvatica, sempre alla medesima altitudine, dal nome “Serapias neglecta” (di cui allego foto).

I coleotteri

  

Salendo sui 500/600 metri la vegetazione cambia e con essa anche la fauna che incontro. Guardando dove metto i piedi, visto il terreno piuttosto sconnesso, riesco ad individuare alcuni coleotteri come: Meloe violaceus, Morimus asper, Carabo violaceo, Calosoma sycophanta e un Geotrupide (Anoplotrupes stercorosus).

Da soli ma non soli

Continuando le mie belle camminate in assenza di inquinamento acustico mi sento meglio, i miei sensi ritrovano un nuovo equilibrio, diverso…. primordiale. Trovo residui di vecchie abitazioni, scuole e paesi abbandonati che suscitano in me fantasie ancestrali. Nella mia mente si forma nitida l’immagine delle donne di altri tempi, sane e robuste, cariche di svariati chili di provviste, che come me camminavano in quella zona per 5, 6, 7 ore su e giù per dislivelli di 5 – 600 metri di altitudine per raggiungere il paese più vicino. Pensare a loro mi fa capire chiaramente perché per me è così naturale stare sola in quei boschi senza provare la benché minima paura; “non sono la sola”, e soprattutto nei tempi passati era la normalità.

Roditori e predatori

  

I paesi abbandonati con le loro vecchie piantagioni di noccioli e castagneti attirano roditori e predatori degli stessi, dal topo ragno al moscardino, al ghiro e allo scoiattolo comune a cui danno la caccia alcuni felini, molti dei quali semi selvatici di proprietà ed un paio di mustelidi interessanti quali la martora “Martes martes” e la puzzola europea “Mustela putorius” (non proprio comune nella nostra zona).

Rapaci diurni e notturni

Camminando in silenzio ho potuto sentire le vocalizzazioni delle maestose poiane e volgendo lo sguardo al cielo le ho potute vedere planare e volteggiare spesso nell’ora del mezzogiorno. Fra i rapaci diurni ho osservato anche lo sparviere, mentre fra quelli notturni l‘allocco, il barbagianni e la civetta. Frequente è la presenza del goffo tasso, dell‘istrice, e di un gatto, il cui fenotipo potrebbe essere compatibile con quello dello schivo e sfuggente gatto selvatico (Felis silvestris).

Lupi oltre gli 800 metri

Salendo ancora, verso gli 800 metri, come vegetazione troviamo faggi, pini, querce ed una varietà di uccelli che spazia dai più comuni merli alle ghiandaie, dalla capinera al codirosso, scricciolo, alle varie cince (mora, allegra e cinciarella) al picchio verde, rosso maggiore e al picchio muratore (che in realtà non è un picchio vero e proprio ma un passeriforme). A quell’altitudine i segni di presenza dei lupi si intensificano tanto da far pensare che quella zona di crinale sia spesso frequentata e usata come passaggio per andare da un versante all’altro e per marcare punti fissi del proprio territorio; ma vederli sembra quasi impossibile. So che ci sono, lo vedo dai segni che lasciano, ma hanno paura e non mi concedono il privilegio di incontrare i capibranco, anche se sono sicura che loro mi hanno vista parecchie volte. L’unica vera alleata per catturare immagini, è stata la fototrappola che mi ha dato modo di riprenderli diverse volte.

Gli effetti della tempesta di vento del 2015

Sempre sul crinale, fra Monte Prato Cavolo ed i prati della Felciana (dove in primavera e in estate danzano diverse specie di farfalle) c’è un sentiero molto suggestivo. Quella zona, con la tempesta di vento del 5 marzo 2015, è molto cambiata, sono cadute querce secolari, le trovo totalmente sradicate e stese al suolo; uno spettacolo surreale vedere questi altissimi giganti con circonferenze di oltre due metri di tronco sdraiati e con le radici all’aria. In questo caso c’è chi ne ha approfittato. Sono stati animali di medie e piccole dimensioni come ad esempio il tasso che, scavando un po’ le può usare come tana. Anche l’incendio dell’estate del 2017 ha tentato di deturpare la bellezza di quelle zone, ma la forza della natura ci ha di nuovo dimostrato come la terra si rigenera. In meno di 6 mesi la vita è tornata a sbocciare e le zone bruciate sono state di nuovo frequentate dagli insetti e poi dagli animali più grandi. Nelle nostre escursioni con Fabrizio e Laura ci siamo muniti di sacchi e sacchetti dedicandoci anche alla pulizia del bosco dai bossoli e proiettili (inquinanti), dai pezzi di plastica di moto o bici e dai teli di panno o plastica presumibilmente staccati dagli appostamenti fissi di caccia o altane che trovo dislocati in tutta la zona.

Equilibrio ecologico in Appennino

   

 

Alla fine mi sentirei di dire, per quello che ho potuto notare nelle varie stagioni e nelle varie situazioni climatiche, che il nostro Appennino, in quel punto, risulta “generalmente” in salute. Nelle zone meno antropizzate l’equilibrio ecologico permane ed è presente e forte, mentre fra le colture più in basso considerevole è la densità di cinghiali che porta squilibri di vario tipo. Per l’identificazione e le varie conferme di alcune specie mi sono affidata all’esperienza ed alla preparazione scientifica del Professor Giampaolo Pennacchioni e del Biologo Davide Palumbo. In alcune delle mie escursioni sono stata accompagnata da Fabrizio Gallotta, Laura Giovani, Manuela Fiorindi e David Torracchi.


La Redazione

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