Una Montagna di Parole  |  febbraio 22, 2017

L’origine del termine Carnevale, tempo di divertimenti, maschere e sfilate

Il fiorentino “Carnasciale” deriva dal tardo-latino carnem laxare, cioè “sospendere l'uso della carne”, in vista del tempo quaresimale. Poi tanti processi di assimilazione e contrazione fino a giungere al termine attuale

di

Tempo di lettura: circa 1 minuti
Immagini del Carnevale di Viareggio di quest'anno

E’ ancora Carnevale, anche se le Ceneri si avvicinano. E’ tempo di baldorie collettive, di divertimenti, di sfilate che si svolgono specialmente nell’ultima settimana che precede la Quaresima, la quale è un periodo di privazioni e di mortificazioni della carne.

Eppure il clima festoso che si respira in questi giorni dovrebbe essere velato da una certa malinconia perché si avvicinerebbe, storicamente, il momento delle rinunce; almeno a partire dal Medioevo, le cose stavano così.

E’ quella vaga atmosfera di dubbio doloroso e di precarietà che si riscontra nei Canti Carnascialeschi di Lorenzo de Medici, scritti alla fine del 1400, i Canti di carnevale, appunto. Il fiorentino “Carnasciale” deriva dal tardo-latino carnem laxare, cioè “sospendere l’uso della carne”, in vista del tempo quaresimale; è per questo che nell’antico dialetto vicentino si trova la forma “carlassare”, col medesimo significato.

Analogo procedimento ha generato la parola “Carnevale”, seppure con una piccola differenza morfologica; al tardo-latino carnem levare è seguito l’antico pisano “carnelevare” e alla fine si è giunti all’attuale “Carnevale”, attraverso processi di assimilazione e contrazione che non è qui il caso di spiegare.

A guardar bene, però, anche il mondo antico festeggiava giorni in cui trionfavano le tresche, gli schiamazzi, le licenze di ogni tipo, giorni di liberazione e sfoghi in maschera. I Greci avevano le Feste Dionisiache, i Romani, i Saturnali e i Baccanali, dedicati rispettivamente a Saturno e a Bacco.

Con l’avvento del Cristianesimo, gradualmente, lo spirito pagano si è affievolito, anche se non è mai scomparso quell’inno alle sfrenatezze del vivere che rimane in tanti Carnevali, specialmente fuori d’Italia. Quello di Rio, in Brasile, insegna!


Maurizio Ferrari

Maurizio Ferrari, sambucano di origine, ha insegnato Lettere per 38 anni nelle Scuole superiori pistoiesi. Ora è imprenditore agricolo e si sta impegnando nella promozione e nel rilancio del territorio appenninico come Presidente dell'Associazione "Amo la montagna APS" che si è costituita nel 2013 e che ha sede a Castello di Cireglio.Ha collaborato per 25 anni alla rivista "Vita in Campagna", del gruppo "Informatore Agrario". Recentemente ha pubblicato alcune raccolte di racconti ispirati alla vita quotidiana di Sambuca, dal titolo :"Dieci racconti sambucani"; "La mia Sambuga" e "Cuori d'ommeni e di animali", nonché una favola per bambini, "La magìa della valle dimenticata" illustrata dagli alunni della scuola elementare "P.Petrocchi " di CIreglio (Pistoia)