San Marcello, Sanità e sociale  |  ottobre 27, 2016

Il racconto di dieci “Vite centenarie”: una lezione per le nuove generazioni

Presentato alla Turati di Gavinana il volume di Laura Billi, spunti di riflessione in una struttura che ospita soprattutto persone anziane. Fra le storie del testo quella di Ada che ha compiuto 103 anni il 6 ottobre. Nell'intervento del figlio, lo storico Giorgio Petracchi, un'analisi dell'invecchiamento della popolazione in Italia, "un Paese di vecchi ma non per vecchi"

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L'incontro alla Turati per la presentazione del libro "Vite centenarie"

GAVINANA (SAN MARCELLO) – Presentato mercoledì 26 ottobre nella residenza della Fondazione Filippo Turati di Gavinana, il libro di Laura Billi “Vite Centenarie”. Ha introdotto Giancarlo Magni, membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Turati, al quale sono seguiti gli interventi di Mina Barbato, coordinatrice Cgil Spi donne, Celio Cipolli, dell’Auser provincia di Pistoia e Alice Sobrero, assessore del comune di San Marcello. Presenti numerosi ospiti della residenza che hanno seguito con attenzione e con diversi interventi la presentazione del volume nel quale è raccontata la vita di dieci persone che hanno superato la soglia dei cento anni. Fra questi c’è Ada Musa, una ospite della Fondazione Turati, che ha compiuto centotre anni il 6 ottobre scorso.

La storia di Ada

Ada, che è nata nel sud della Sardegna, a Iglesias, non lontano da Cagliari, nel cuore della regione mineraria del Sulcis Iglesiente, è lucidamente intervenuta rievocando alcuni episodi della propria vita. La storia di Ada è narrata nel libro dalla nuora Piera, moglie dello storico pistoiese Giorgio Petracchi, che ha attinto dal diario personale di Ada. Diario che inizia con queste parole: “Per esaudire il desiderio di mio figlio, almeno fino a quando mi è possibile, cerco di buttare giù qualche appunto sulle vicende della mia vita”. Ada ha una famiglia non ricca, ma numerosa, che conta cinque fratelli. Aiutata da un sacerdote triestino riesce a terminare la scuola complementare, poi si iscrive al liceo scientifico: “Era il 1928. In classe le ragazze erano solo due con una ventina di ragazzi”. Non fu facile superare gli studi anche per l’atteggiamento maschilista dell’allora insegnante di matematica, il quale al minimo errore delle due ragazze diceva: “Le donne a casa: in cucina a fare la calza!”.
Conseguito il diploma liceale, Ada per rendersi economicamente indipendente, decide di conseguire il diploma di abilitazione magistrale. Si presenta all’esame come privatista ,consegue il diploma e quasi subito riceve l’incarico di insegnare in una piccola scuola sperduta in un villaggio della Sardegna. Trova alloggio nella famiglia patriarcale del capo del villaggio. Vinto il concorso per insegnare, Ada conobbe il nuovo direttore didattico, Raffaello Petracchi, “appena arrivato dalla Toscana, da un piccolo paese della provincia di Pistoia chiamato Tizzana”, che sposò nel 1939. Dopo la nascita del figlio Giorgio la famiglia Petracchi si trasferì in Toscana dove Ada proseguì l’insegnamento nella scuola di Tizzana, dove trovò chiusura e diffidenza perché “veniva da lontano, da una regione poco conosciuta, parlava con accento diverso, il suo comportamento era per molti versi difforme da quello dei suoi nuovi paesani”.

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Il professor Giorgio Petracchi con la mamma Ada alla Fondazione Turati di Gavinana

L’intervento dello storico Petracchi

A spiegare i contenuti del libro è intervenuto il figlio di Ada, il professore universitario Giorgio Petracchi, che ha ricordato come l’Italia sia uno dei paesi europei più in declino, a causa dell’invecchiamento della popolazione. In Italia ci sono molte regioni in cui i vecchi superano i giovani. Petracchi ha rammentato che “l’Italia è un paese di vecchi ma non per i vecchi…ed oggi non c’è comunicazione interpersonale tra giovani e anziani. I nonni sono oggi un grande patrimonio, non solo economico, ma soprattutto di affetti. Questo libro dovrebbe essere letto dai giovani perché insegna come la vita si è evoluta da paese agricolo a paese industriale”. Petracchi ha concluso esortando una maggiore attenzione per strutture come quella della Fondazione Turati e ringraziando chi cinquanta anni fa ha pensato di realizzare questo centro proprio a Gavinana.


La Redazione

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